13 marzo 2008

13 marzo 2008

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 18 Maggio 2020
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Oggi sul Mattino Mary Ispanica Liguori ha raccontato la storia di un giornalista che si è inventato alcuni attentati attribuendone la responsabilità alla camorra.
Mary racconta tutta la storia. E questo basta.

Desidero però soffermarmi su un particolare.
Il 5 febbraio us, il vice ministro dell’Interno, Matteo Mauri (Pd), incontrò il collega e la comunità giornalistica campana nella sede di Caserta de Il Mattino.
Mauri assicurò la protezione dello Stato al collega minacciato.

A quell’incontro non partecipò la collega Rosaria Capacchione Bis

Rosaria dal 2008 vive sotto scorta: la protezione le è stata assegnata dopo minacce ricevute dai Casalesi.
Minacce che dopo qualche tempo si sono concretizzate in un misterioso furto a casa dove furono rubati due monili di scarsissimo valore (lasciandone altri ben più preziosi) e una targa di un premio dell’Archivio storico della Pace: gli investigatori spiegarono che la targa era la prova che i ladri dovevano portare ai mandanti per dimostrare effettivamente di avere violato l’abitazione della giornalista.

Dal 13 marzo 2008 per quasi due anni nella redazione di Caserta del Mattino, insieme a Rosaria, c’è stata sempre la sua scorta, una presenza indispensabile per la tutela sua e di tutti. Ma non tutti gli episodi in cui la scorta è stata indispensabile sono riferibili.

Per sei mesi tutte le sere una pattuglia della polizia aspettava fino alle 0.30 in strada che uscisse l’ultimo giornalista al lavoro (la cosiddetta copertura) per garantire un’uscita “tranquilla”.
Quando Rosaria fu minacciata a Caserta non venne nessuno del Governo, né quello nazionale, né quelli locali che pure dell’anticamorra si riempivano la bocca.
Anzi non venne proprio nessuno, se non qualche amico e il Questore di Caserta dell’epoca, Carmelo Casabona, che un pomeriggio si presentò in redazione con tutti i suoi funzionari, ci prese tutti e ci portò a prendere il caffè in un bar vicino alla Questura attraversando in corteo la strada centrale di Caserta, via Mazzini, perché disse: “Qua comanda lo Stato”.

Le telefonò il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Un giorno venne, presentandosi senza alcun preavviso, il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani che si chiuse nella mia stanza con me e Rosaria e ci disse: “Cosa posso fare”.

Per il resto è stata solitudine. Anzi qualcuno malignava, come quelli che sostennero che il furto a casa era solo l’opera di “nu zingariell’ ” e che tutta la storia era esagerata.

Nel 2008 non venne nessuno, si fecero sentire gli amici, vennero colleghi da tutta Europa, ma quelli locali no, non si vide la cosiddetta “società civile”; ebbe lei e noi di riflesso il supporto di uomini dello stato come il questore Casabona, grande poliziotto e investigatore (fu l’uomo che avviò la strategia per stroncare i Casalesi dopo la strage di Castelvolturno) e soprattutto gentiluomo, e tutta la Dda di Napoli.

Il 5 febbraio 2020 nella redazione di Caserta c’erano tutti, compreso un viceministro dell’Interno.

La cronaca di queste ore ci dice come è andata a finire.

 

La foto è di NEWFOTOSUD Napoli

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