Antropologia del fuciliere della rete

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 27 Febbraio 2014
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FinottaccioQuel maramaldo di Giulio Finotti, giornalista al servizio di tutti i poteri forti, delle logge, loggette e combriccole varie, l’altro giorno nell’ambito dei servizi resi in nome e per conto dei menzionati poteri forti e quant’altro, ha diffuso il vero pizzino di Matteo Renzi all’intransigente pentastellato vicepresidente della Camera dei Deputati.

Nel volgere di uno yoctosecondo il povero Finotti (che ovviamente non è nulla di tutto quello con cui l’ho descritto, ma solo un bravo e onesto giornalista) è stato ricoperto di contumelie: la sua ironia è stata sommersa di sterco.

Il timorato ha provato a spiegare, ma l’insulto – non gli era sufficientemente noto – non ha progressione geometrica, ma logaritmica.

Ma siccome  ogni occasione è buona per imparare qualcosa, ho provato a studiare l’antropologia del fuciliere della rete.

Studio breve e scontato: un coarcervo di luoghi comuni. Esattamente quello che uno si aspetta.

Forse, tra tutti, la granitica Emanuela da Brescia è quella il cui profilo più è puro: niente foto autentica nel profilo, nessun riferimento alla vita reale (il sito di un’attività professionale privo anch’esso di riferimenti umani è galleria di superlativi, oltre che a frasi fatte su clienti e qualità, copiate chiaramente da un bignamino del marketing) : in evidenza solo un costante richiamo alla superiorità morale e intellettuale. E una latente frustrazione nei rapporti con il mondo vero e la rete vissuta come rifugio.

Il fuciliere non ha dubbi, né ironia: ha solo certezze e sentenze da sparare. Guai a fare una domanda che non sia assonante con il pensiero del fuciliere! Se la pensi diversamente stai offendendo l’intelligenza, se fai una domanda c’era già la risposta e perché allora hai fatto la domanda.

In un giorno ho contato centinaia di tweet e conversazioni.

Ma è questo quello che noi chiamiamo democrazia?

 

 

 

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