Carburanti, il bluff dei cartelli: in 50 giorni benzina +4,6%, gasolio +9,5% …. petrolio +2,3%
- Posted by Gianni Molinari
- On 21 Settembre 2023
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Sono passati più di 50 giorni da quando è stato introdotto l’obbligo per i gestori delle stazioni di servizio di esporre il prezzo medio regionale dei carburanti.
Cosa è successo? La benzina (self) è aumentata in media del 4,6%, quello del diesel (self) del 9,5%.
Nello stesso periodo i prezzi del petrolio sono aumentati del 2,32%.
(Ovviamente mi è noto come si determina il prezzo dei carburanti, ma sempre sono prodotti della raffinazione e il prezzo del petrolio non è proprio estraneo!)
Nel grafico le variazioni regione per regione.
Questi i valori del 31 luglio e quelli del 21 settembre
Per meglio vedere i grafici consiglio di spegnere gli item che non interessano nella legenda.
L’Italia però è lunga ed è la patria delle eccezioni, delle particolarità. Con due cose comuni “le microaree” e il traino verso l’alto del prezzo medio. Ma cominciamo dai territori.
L’Alto Adige
Il prezzo di benzina e gasolio svetta (al netto delle stazioni sulle autostrade) in Alto Adige: 2,036 e 1,980.
Nell’altra provincia autonoma, Trento, la benzina costa 2,006 e il gasolio 1,946.
Cosa succede?
Ci sono alcune condizioni strutturali, fisiche e politiche, dell’Alto Adige e condizioni meno comprensibili.
Cominciamo dagli elementi comprensibili: i costi per l’installazione e la gestione delle stazioni di servizio sono molto elevati.
Avendo l’Alto Adige una superficie utilizzabile per gli insediamenti umani molto piccola (intorno al 4%) i costi dei terreni sono molto elevati (a partire da 200 euro per metro quadrato a fronte di due euro di altre regioni). Poi c’è il personale: il costo della vita è tra i più alti d’Italia e gli stipendi base vanno integrati.
Si parte, quindi, già alti. Poi però si entra nelle nebbie. C’è la solita giustificazione (distanza dalle raffinerie) ma non c’è la storia della rete di distributori troppo parcellizzata e, quindi, con un erogato medio basso (cioè costi unitari medi più alti) perché – come spiega con grande lucidità il presidente dei proprietari delle stazioni di servizio presso l’Unione commercio dell’Alto Adige, Haimo Staffler – gli alto atesini la razionalizzazione l’hanno già fatta puntando su impianti più grandi.
Da 330 “pompe” si è passati a 140 stazioni di servizio più grandi sia per numero di pompe e anche per servizi (“ho 26 dipendenti” dice Staffler): quindi i “punti” da rifornire sono relativamente pochi.
Eppure non basta. E il prezzo alto dei carburanti genera una sorta di spiazzamento. In Austria (nella vicina area di Innsbruck) il prezzo della benzina (21 settembre) varia da 1,75 a 1,84; quello del diesel varia da 1,75 a 1,89 euro per libro.
Conviene dunque rifornirsi in Austria. Conviene soprattutto agli autostrasportatori (è il Brennero la via principale dei commerci tra Italia e Germania!): il serbatoio di un camion – spiega Staffler – può avere anche una capienza di 1.600 litri.
Dunque un pieno fatto in Alto Adige vale 3.168 euro, poco dopo la frontiera con l’Austria tra un minimo di 2.800 e un massimo di 3.024: dunque il risparmio varia da un massimo di 368 euro a un minimo di 144 euro.
L’effetto è che una stazione di carburante alto atesina vende 1,2 milioni di litri di diesel all’anno, l’omologa di Innsbruck 120 milioni di litri!
C’ è solo una piccola soddisfazione: l’Alto Adige, provincia autonoma a statuto speciale, trattiene il 90% di tutte le imposte che lo Stato esige sul suo territorio. E, quindi, anche delle accise. L’incasso sarebbe intorno a 200 milioni di euro all’anno.
Friuli vs Slovenia
I friulani quando fanno un rifornimento hanno ben tre cartelli con i prezzi dei carburanti: il costo della stazione per tutti, il prezzo medio regionale e, infine, il prezzo agevolato che varia al variare della distanza dal confine sloveno ed è suddiviso in tre scaglioni (Area 0, Area 1 e Area 2).
Dal primo settembre gli scaglioni sono i seguenti
Le agevolazioni regionali hanno un motivo: la sproporzione con i prezzi della Slovenia (il 21 settembre il prezzo medio della benzina era 1,572 e quello del diesel 1,620; ma si trova benzina 1,551 e diesel a 1,572) è tale che tutti farebbe il pieno oltre confine e lo stato Italiano non prenderebbe un centesimo delle sue voracissime accise. Quindi, via Regione (anche questa a statuto speciale), si preferisce incassare meno che non incassare nulla.
La Basilicata nell’Opec
Ogni 100 litri di carburante impiegati in Italia dieci vengono dai giacimenti della Basilicata. Di giacimenti ce ne sono tre (due in uso e uno, piccolino, esaurito) e sono gestiti da Eni e Shell (Val d’Agri) e Total (Tempa Rossa).
Dal giacimento della Val d’Agri parte un oleodotto che dopo 136 chilometri arriva alla Raffineria dell’Eni di Taranto.
Una parte del petrolio estratto prende la via dell’estero tanto che la Basilicata, se fosse uno stato indipendente, potrebbe presentare domanda di adesione all’Opec, l’organizzazione dei paesi esportatori i petrolio.
I lucani hanno però il singolare privilegio di pagare, dopo Bolzano, il prezzo più alto d’Italia per carburanti.
Il maggiore costo sarebbe determinato da due fattori: la frammentazione della rete dei distributori (molti e con poco venduto) e la distanza dalle raffinerie.
Per la rete polverizzata varrebbe la pena già di ricordare che diversi comuni (P. es. Castelmezzano e Pietrapertosa, peraltro celebri attrazioni turistiche) ne sono sprovvisti e si potrebbe cominciare a introdurre il discorso dei servizi minimi (si veda qui) a cui avrebbe diritto una comunità.
Ma in realtà è tutto così fumoso: ci sono altre regioni che stanno messe peggio sia come localizzazione delle raffinerie (che fino a qualche mese fa non era un problema così drammatico), sia per l’orografia e lì i carburanti costano qualche centesimo in meno.
Un mercato opaco e la liberalizzazione fallita
E allora? Bisogna tornare indietro alle “lenzuolate” di Bersani che rimosse una serie di vincoli con l’obiettivo di liberalizzare il settore aprendo alla grande distribuzione, permettendo la vendita nei distributori di prodotti complementare, rimuovendo alcuni vincoli sulle distanze.
Tuttavia quel “disegno” aveva un limite strutturale: il mercato è fatto sì di domanda e offerta, ma quale mercato? Il mercato dei carburanti al dettaglio? Quello dove i cittadini si riforniscono. O il mercato delle compagnie, dove invece si riforniscono i distributori?
Perché l’intervento riguarda il primo mercato, non il mercato dove si riforniscono i distributori che era ed è rimasto in oligopolio tendente al monopolio. Cioè le compagnie – per questioni proprio strutturali – sono poche e ancor meno quando l’offerta si vede a livello territoriale (immagino che alla Valle d’Aosta non siano interessate tutte le compagnie).
Il permanere di questa condizione è dimostrato dall’attuale organizzazione della vendita dei carburanti.
Ci sono due linee: una per i rivenditori (i distributori per i consumatori finali) e una per le imprese (aziende di trasporto locale, grandi società di autostrasporto, grandi utilizzatori pubblici). Ovviamente sono due prezzi.
Per i rivenditori poi ci sono almeno due linee: i distributori di proprietà delle compagnie dati in gestione e i distributori di proprietà dei gestori.
Per i primi le compagnie stabiliscono il prezzo che più le aggrada e riconoscono al gestore una sorta di “gettone” per litro venduto indipendentemente dalla quantità venduta.
Poi ci sono i listini. Listini, al plurale, perché le compagnie hanno più listini con prezzi diversi.
Listini per microaree: cioè gruppi di comuni e, quindi, può capitare che nel giro di pochi chilometri ci possano essere anche variazioni significative (sempre nell’ordine di 5-10 centesimi).
Passiamo all’ultima categoria quella dei cosiddetti distributori “no label” o “pompe bianche” cioè non collegati direttamente alle compagnie petrolifere.
Al netto di alcune patologie, il prezzo inferiore sarebbe determinato dai minori costi accessori. Ma questo fino a un certo punto. Spesso – si dice nel settore – vengono vendute al dettaglio quantità di carburanti acquistate per il mercato dell’ingrosso e spesso le differenze non sono così importanti o non ci sono proprio.
L’ultima chicca è il tabella del prezzo medio.
Chi ha un prezzo inferiore tende a farlo crescere tenendolo di poco più basso. Ma il giorno dopo l’effetto di tutti questi avvicinamenti farà crescere il prezzo medio. E così comincia un’altra giornata e un altro giro.
Che gran bella idea!
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