Chi invade le nostre città?

Chi invade le nostre città?

Chi invade le nostre città?

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 5 Settembre 2024
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Davvero siamo assediati dai turisti? Siamo assediati da tutti i turisti? Siamo vittime di Airbnb e dei B&B? Ed, esattamente, cosa intendiamo per turismo?

Nonostante una vulgata sull’assedio alle città d’arte e ai principali luoghi di vacanze marine, l’estate 2024 non è esattamente definibile un successo per l’italico turismo. Anzi.

In un documentato articolo il Corriere della Sera spiega il perché: ciascuno nelle argomentazioni del pezzo potrà ritrovare anche le proprie esperienze estive.

E allora perché si continua a parlare di “invasione”?

Anzitutto c’è un effetto “strascico” delle polemiche e delle attività di comunicazioni messe in piedi dalle associazioni degli albergatori contro la ricettività extra-alberghiera, in particolare contro Airbnb, cioè i fitti brevi, ovvero la possibilità offerta dalla legislazione sulle locazioni di fittare per periodi inferiori a 30 giorni immobili, o parti di immobili, o anche semplicemente una stanza nella propria abitazione.

Per gli alberghi è concorrenza scorretta, per i cittadini (proprietari) è una fonte complementare di reddito (si paga il 21% di imposte nel 730 se si loca solo un’unità immobiliare, il 25% più di una; si è obbligati a registrare i nomi degli ospiti in un portale della Polizia di Stato e a versare l’imposta di soggiorno, se previste, ai comuni; più altri ammennicoli burocratici).

Val la pena di vedere i bilanci di chi parla di concorrenza scorretta per avere un’idea più ampia del settore, per esempio a Napoli: i tre principali esponenti di associazioni del settore, per esempio, nel 2022 hanno pagato rispettivamente il 3,8%, il -0,2% (cioè è stato chiesto il rimborso) e il 9,8% di imposte sul valore della produzione.

Per i cittadini (clienti) è un modo diverso (avere una casa o una stanza indipendente) non necessariamente a un prezzo basso ma con flessibilità elevatissime.

Qualcuno non si è accorto – o ha fatto finta di non accorgersene – che negli ultimi 20 anni il turismo è completamente cambiato: l’offerta locale diventata globale grazie a internet, l’accessibilità globale, le compagnie low cost, AirBnb, è esploso il fenomeno delle crociere e anche quello dei soggiorni  nei luoghi dei film e della tv: è cresciuta così la mobilità e la “villeggiatura estiva” unica si è spezzettata in tante vacanze durante l’anno.

Non più solo mare o città famose, ma accesso globale (chi sarebbe mai andato ad Hallstatt a vedere i luoghi di Frozen?) a luoghi fino a qualche anno fa sconosciuti.

Può piacere o meno, ma il turismo è diventato democratico.

Certo come tutti i fenomeni democratici – sul tema sviluppa corposamente David Van Reybrouck in Contro le elezioni – ci sono aspetti che vanno governati, ovviamente.

Cosa significa governare? Stabilire regole, incentivi e disincentivi per promuovere o contrastare comportamenti: la legge della ministra Santanchè ne mette alcune di regole dettate dal buonsenso ed «è pensata per regolamentare e non criminalizzare gli affitti brevi. Io non sono per i divieti assoluti – ha detto – perché in molte aree italiane, dove scarseggiano gli alberghi, sono fondamentali per accogliere i turisti e favorire il decongestionamento dei flussi».

Cosa significa? Significa che senza Airbnb e dintorni non ci sarebbero stati i posti letto per ospitare i turisti, posto che l’offerta alberghiera non è cresciuta (e quando lo ha fatto lo ha fatto in gran parte con fondi pubblici) di pari passo.

Peraltro chi sta all’interno delle piattaforme tipo AirBnb rispetta le regole, altrimenti esce. E metodi alternativi per trovare alloggi fuori dalle piattaforme, se non per volumi esiziali, non ne esistono.

C’è un aspetto che nessuno può normare, se non mettere i pannicelli caldi: quello dei cosiddetti giornalieri. Cioè chi va per un giorno a Venezia, Capri o Firenze. Il mezzo preferito è l’autobus (variante traghetti per le isole)

«Arrivano la mattina e vanno via il pomeriggio, riempiendo le strade e – come si sostiene in queste città – non portano valore aggiunto, anzi spesso si portano anche l’acqua minerale».

Venezia ha messo un ticket per l’ingresso, altri pensano al numero chiuso, altri ancora non pensano.

Oggettivamente è un problema di pressione (spostarsi in queste strade per i residenti è diventato quasi impossibile anche per l’errabondare degli ospiti occhi fissi allo schermo dei cellulari) anche perché – siccome non comandano ancora i sindaci-podestà – in questo Paese esisterebbe ancora la libertà di movimento.

Ma il problema diventa gigante quando i “giornalieri” non sbarcano da un autobus da 55 posti, ma da una nave da crociera da 2.000 passeggeri.

Nella settimana di Ferragosto a Napoli ne sono sbarcati in media ottomila al giorno, tutti gioisamente poi concentrati nelle strade del centro immediatamente a ridosso della stazione marittima.

Basta vederli in giro e farsi un’idea.

Peraltro godendo di servizi di primo livello sulle navi, anche l’appetito è abbastanza limitato.

Così è abbastanza difficile credere alle stime interessate di una ipotizzata spesa procapite nei luoghi di sbarco di 120 euro (immaginate una coppia che in cinque tappe spende a terra 1.200 euro oltre al viaggio e ad altro durante la navigazione; spesa che si raddoppia nella versione di una famiglia composta da quattro persone!).

Quindi, l’unico vero contributo è la tassa di sbarco: ben 50 centesimi procapite!

Cioè in un giorno la spaventosa cifra di 3.000 euro che vanno all’Autorità portuale che garantisce i servizi di attracco.

Giusto per completezza un passeggero che si imbarca, invece, nell’aeroporto di Napoli paga una imposta (che va all’Inps e al Comune di Napoli) di 8,5 euro: cioè nel mese di luglio i 26mila che sono partiti quotidianamente da Capodichino hanno pagato 221.000 euro, 73 volte quanto incassato dal porto!

Oltre al diverso tipo di vacanza che prevede pernottamenti, colazioni e, per i più ardimentosi, musei oltre allo shopping!

Quindi?

 

 

 

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