Guai ai vincitori

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 14 Giugno 2010
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In tempo di Mondiali emerge più evidente (ma è solo un acutizzarsi) – come l’herpes – una delle patologie italiane, meridionali in particolari: la diffidenza per il successo, la vittoria e, più in generale, il conseguimento positivo di qualunque obiettivo.

Se si perde si ha diritto pubblicamente alla compassione, alle attenuanti generiche (“così vanno le cose”, “non si può fare diversamente”) e specifiche; in privato – e nel privato allargato – si ha il diritto al pettegolezzo, all’insulto, alla ridicolizzazione: “ma che voleva fare?”, “e poi non c’era questo, non c’era quello”.

La cultura del successo, individuale e collettivo, è vista come un peccato da evitare.

La vera essenza della società del Mezzogiorno è questa: bisogna non fare, al massimo fare poco e soprattutto non bisogna conseguire nessun risultato. Chi fa o pensa di voler fare è un pericolo da neutralizzare. Questo modus operandi è interpretato ed esaltato dalla classe politica e dirigente meridionale: basta vedere cos’è la sanità di tutto il Sud!

Il Sud affonda e l’Italia pure. Qualche anno fa Luca Meldolesi e Nicoletta Stame (1990) provarono a far passare l’idea di introdurre nella pubblica amministrazione l’idea della valutazione cioè di esaminare da un punto di vista interdisciplinare gli effetti delle azioni amministrative per imparare dall’esperienza e modificare ove necessario. Ci fu un bel movimento! Anche quello neutralizzato (sono certo che Meldolesi non è d’accordo con me ma lo voglio sfidare e se vuole mi contraddica usando qualche numero!) dall’ingresso in campo di sociologi e vari altri personaggi che hanno interpretato la valutazione come una “cattedra” da usare per dispensare lezioni e non modificare l’azione pubblica per migliorarla.

Oggi mentre il Paese è in enorme difficoltà e non si vede la via d’uscita – nonostante i vaticini di qualche illusionista – ci sarebbe più che mai bisogno di coltivare la cultura del successo, del risultato, il piacere di riuscire, di portare a casa un risultato.

Ma questo ha bisogno di navigazione in mare aperte non di cabotaggio! Qualcuno vuole provarci?

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