
I numeri, le opinioni e il buco della serratura
- Posted by Gianni Molinari
- On 4 Novembre 2021
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Scrive David Randall nel bellissimo “Un giornalista quasi perfetto”:
Il fatto è che quasi tutti hanno opinioni, più o meno interessanti, ma pochissimi hanno nuove informazioni. Le prime sono comuni, le seconde sono merce rara e quindi di valore.
Il problema è che molti scambiano opinioni con informazioni, desideri con fatti.
Il Covid ci ha messo di fronte a un grande problema: l’adeguatezza del mondo della comunicazione, in tutte le sue componenti, in una situazione di stress.
La pandemia ci ha imposto di aggiornare le nostre conoscenze (minime) in materia medica (giacché nessuno ci ha chiesto diagnosi), ci ha messo duramente di fronte alla necessità di usare la statistica (minimissima) ma soprattutto di usare un linguaggio comprensibile e soprattutto lontano da doppi sensi e allusioni.
Qui c’è stata e c’è la divaricazione: siamo stati adeguati? Non lo so.
Chi ha scambiato opinioni con informazioni e desideri con i fatti ne ha fatto ovviamente a meno, soprattutto nei talk show, nelle lunghissime dirette da riempire con il primo passante di turno (A proposito sempre Randall si chiedeva: “Le persone intervistate hanno le conoscenze necessarie per esprimere un’opinione?”): quindi siamo finiti in un calderone dove alla fine è la scienza la vittima che non può nemmeno difendersi.
Questo per dire cosa: per dire che bisogna essere saldamene ancorati alla realtà, che è indispensabile l’approccio critico 8anche alle proprie intuizioni, prima di trasformarle in granitiche certezze) che solo questo aiuta a capire.
Nel Covid, per esempio – dopo quasi due anni di pandemia – il passo avanti si fa se si riesce a interpretare il momento attuale mettendolo in relazione con quelli passati.
La lettura del “momento” deve essere sinergica a tutti gli elementi, diretti e indiretti, che compongono quel momento.
Per esempio qui è l’esercizio dialettico-matematico – nel quale mi impiccio e vi impiccio – sullo stato della pandemia nell’autunno 2021 rispetto ai precedenti momenti di picco.
L’autunno 2020 è stato il momento più drammatico: la pandemia dilagava ma, rispetto, all’esordio di fine febbraio 2020 c’erano i protocolli, ossia il cosa fare. A febbraio non sapevamo nulla di nulla di Covid: finimmo, appunto, chiusi in casa perché era l’unica misura razionale di fronte a qualcosa così grave di cui non si conosce praticamente nulla.
Nell’autunno 2020 c’erano i protocolli, si sapeva di più sulla diffusione e si aveva la prova che le chiusure erano un mezzo determinante per contrastare il dilagare della malattia.
Nell’autunno 2020 esordì il coprifuoco alle 22 e tornarono le zone rosse, le scuole e le università finirono in Dad.
Nell’autunno 2021, invece, oltre l’80% degli italiani è vaccinato, si sa di più della malattia, ci sono farmaci più potenti per contrastarla ma anche è tutto aperto.
Eppure lo “storytelling” parla di ondata, di pericolo, di allarme, di esplosione dei contagi.
A parte che il Covid sarà sempre un problema fin quando la quasi totalità della popolazione non sarà protetta dal vaccino e il virus non avrà lo spazio in cui girare, le cose sono diverse. Ma molto diverse.
Anzitutto ogni “ondata” ha la sua storia e le sue caratteristiche: una cosa è stata la prima (primavera 2020), un’altra la seconda (autunno 2020), un’altra ancora la terza (primavera 2021): per esempio la terza è stata meno virulenta della seconda, perché?
Perché già una parte, sia pure non tantissima, della popolazione aveva già ricevuto almeno la prima dose del vaccino.
E ora?
Ora il virus continua a girare – perché il vaccino, è sempre bene tenerlo a mente – non è lo scudo dove rimbalza, ma l’attrezzo che lo depotenzia per cui si può essere positivi o avere anche sintomi lievi (i casi estremi sono rarissimi!) – ma gira in un mondo aperto, dove l’incoscienza generale fa sì che le mascherine (la prima potentissima arma di cui si dispone) non sono usate appropriatamente negli ambienti chiusi e nei luoghi affollati, e chi non si vaccina – oltre alla risibili spiegazioni – diventa il primo bersaglio.
Però è un’epoca diversa: e come si vede?
Lo si vede dalla tabella che segue: non ci sarebbe bisogno di commento, ma invito a vedere il numero di tamponi e a dividerlo per i nuovi positivi.
Nella prima ondata c’era un positivo ogni cinque tamponi, nella seconda uno ogni sei, nella terza uno ogni 15 e nella quarta 1 ogni 104!
Qui l’andamento dei nuovi casi
Qui l’andamento delle terapie intensive
Qui l’andamento dei positivi totali nell’autunno del 2020 e del 2021
Infine questo grafico a doppia scala: a sinistra i tamponi, a destra i casi: permette di fare ulteriori, semplici riflessioni.
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