Il cashback, i contanti e le banconote da 500 euro

Il cashback, i contanti e le banconote da 500 euro

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 20 Dicembre 2020
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L’introduzione del cashback da parte del governo zuzzerellone presieduto dall’avvocato del popolo Giuseppi Conte ha rinfocolato la polemica sulle misure adottate pe ridurre il contante in circolazione.

La riduzione del contante in circolazione ha i seguenti obiettivi:

  • contrasto dell’economia sommersa e dell’evasione fiscale
  • contrasto alle attività illegali
  • infine, sfugge ai più perché non è argomento da bar o da social (nel senso che serve qualche libro di economia monetaria per afferrarne il significato, e l’economia monetaria è quella più impicciosa di tutto il settore…), la moneta cartacea è diventata un grave ostacolo al corretto funzionamento del sistema finanziario globale (cioè neutralizza i tassi d’interesse negativi che sono uno strumento di politica monetaria decisivo per stimolare gli investimenti e i consumi nei periodi di recessione).

L’italica polemica verte su questo assioma: lo Stato vuole mettere le mani nelle mie tasche!

Bene, vediamo di che si tratta.

Ogni cittadino italiano – anche quello che sta venendo al mondo ora – possiede 3.459 euro in contanti.

Una famiglia di 4 persone ne possiede 13.836!

Ben il 11,8 per cento del Pil è liquido, cioè in contanti (Verso la cashless revolution, Studio Ambrosetti, 20202) : una cosa abnorme.

Siamo al 28esimo posto nel mondo per moneta contante: la compagnia è fantastica e nel 2020 abbiamo fatto progressi.

Non ci bastava il 31esimo posto del 2019.

No, però siamo avanti alla Svizzera (29) e dietro alla Spagna (25). Ma a molta distanza dal campione dei paesi occidentali: il Giappone (7).

Sul perché la Svizzera e qualche altro campione ci precede rimanderei a questo piccolo capolavoro di Nicholas Shaxson “Le isole del tesoro: Viaggio nei paradisi fiscali dove è nascosto il tesoro della globalizzazione”.

Il resto ve lo potete gustare qui.

Magari l’anno prossimo superiamo il Guatemala e acciuffiamo Niger, Senegal e Costa d’Avorio.

Perché no?

Secondo una ricerca di Bankitalia del febbraio 2019, con dati 2016  (poi confluita in uno studio sull’intera area euro) l’85,9 per cento di tutte le transazioni è regolato in contanti, il 12,9 per cento con le carte e l’1,2% con “Altri strumenti” (bonifici, pagamenti via internet, PayPal o mobile app, addebito diretto e assegni); in valore i contanti scendono al 68,4%, le carte salgono al 28,6% e gli altri pagamenti al 3 e ciò significa che quando i pagamenti sono più consistenti gli italiani preferiscono meno i contanti e più la moneta elettronica. Di un certo interesse anche le preferenze nell’uso del contante.

Alla domanda fatta dai rilevatori di Bankitalia al campione della ricerca riguardo alle spese non quotidiane “Per quale tra le seguenti spese utilizza prevalentemente il contante?” è venuto fuori che il 41% dei contanti viene impiegato per pagare spese mediche e solo il 6% l’affitto (magico effetto della cedolare secca che con un’imposizione fiscale tollerabile devia i pagamenti alla tracciabilità della moneta elettronica)!

Interessante anche l’evidenza regionale: in Calabria il 94,3 per cento delle transazioni avviene in contanti, poi ci sono l’Abruzzo e il Molise (91,2 per cento) e terza la Campania (90,8 per cento).

Uno studio riservatissimo in ambito investigativo di alcuni anni fa – che ho potuto consultare – indicava nella provincia di Caserta il luogo dove vi era la più alta presenza di denaro contante e, la stessa ricerca, lo metteva in relazione alle necessità finanziarie della criminalità organizzata, cioè dei Casalesi, all’epoca alla massima espansione.

Anche per questi motivi – cioè l’impiego del contante per attività di riciclaggio e dell’economia criminale – che la Banca centrale europea dal 27 gennaio 2019 ha cessato l’emissione della banconota da 500 euro (quelle esistenti continueranno a circolare 508 milioni di banconote di quel taglio per un valore di 254 miliardi di euro!) che permette troppo facili spostamenti di somme di denaro enormi.
All’altro capo della classifica del contante per regione c’è la Lombardia con l’80,7 per cento, la Sardegna l’81,7 per cento e la Toscana al 82,2 per cento.

I lombardi sono anche gli ultimi affezionati agli assegni (che si vedono sempre meno in giro) con un importo medio abbastanza elevato (92 euro).

Un pericoloso sovversivo Kenneth S. Rogoff, capo economista del Fondo Monetario Internazionale dal 2001 al 20o3 e poi componente del cda della Federal Reserve, e ora professore di Economics ad Harvard (tutti posti infiltrati dalle pericolose ideologie comuniste e bolsceviche)  ha scritto un libro dal seguente titolo: “La fine dei soldi”, nel quale spiega perché bisogna liberarsi della cartamoneta: semplicemente per avere un’economia più moderna e ricorda come “l’80-90 per cento della massa monetaria in valute forti su scala globale, circola perlopiù nell’economia sommersa, e contribuiscono a facilitare evasione fiscale, criminalità e corruzione su larga scala”.

Il cashback di Giuseppi & co. per quanto goffo e primordiale è un primo passaggio. Confindustria, altro pericoloso luogo di cattocomunisti, qualche anno fa aveva osato addirittura ipotizzare una imposta del 2 per cento su prelievi di contanti superiori a 1.500!

E’ chiaro – come ho cercato di spiegare – che gran parte dei cittadini non ha quantità importanti di contanti, che in molti casi è solo una questione di abitudine e che, purtroppo, i pagamenti in contanti agevolano tutto il mondo dell’evasione fiscale – i cui effetti in mancati introiti sono sotto gli occhi di tutti, soprattutto di chi paga le tasse anche per chi non le paga – e che l’intera economia illegale sguazza con i contanti, sicchè appena i soldi vengono immessi nei circuiti bancari – come spiegava Giovanni Falcone – basta seguirli.

Ma noi li vogliamo seguire?

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