
Il Paese dei monopoli, non è una malattia: è una pandemia
- Posted by Gianni Molinari
- On 3 Settembre 2014
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Poeti, santi, navigatori ….. e monopolisti.
Non c’è campo di attività di questo Paese che non sia devoto al monopolio.
E’ una questione anzitutto culturale: una sorta di coperta di Linus. Offre sicurezza, elimina l’incertezza. E non fa niente se il servizio è scarso e il prezzo è alto.
L’aspetto psicologico è più rilevante.
Non si spiega diversamente l’allergia a ogni sia pur minima forma di concorrenza. Una pandemia senza possibilità alcuna di contrasto.
La storia di Italo è paradigmatica.
Italo è in difficoltà finanziarie: dal primo giorno ha dovuto lottare contro l’universo mondo.
Eppure Italo ha portato nuovi servizi, ha ampliato le possibilità per i passeggeri, ha abbassato i prezzi dell’Alta Velocità. I cittadini hanno apprezzato.
Ma è normale in un settore con più imprese che l‘infrastruttura (la rete ferroviaria) sia gestita dall’ex impresa monopolista?
Ecco dunque che Italo è stato tenuto a lungo lontano da Roma Termini per la più periferica Roma Tiburtina (che per la verità è molto meglio del suk di piazza dei Cinquecento) e non accosta a Milano Centrale.
E poi è normale che tra le imprese concorrenti nel medesimo settore ce ne sia una (l’ex monopolista) soggetta tuttora a pesanti sovvenzioni dallo Stato (e per gli scadenti servizi locali dalle Regioni)?
E altrettanto normale che un ex ministro ripeschi un vecchio tweet di Italo e lo rilanci per augurare la morte di una società che occupa 1.000 persone?
Io tifo per Italo perché mi piace che ci sia concorrenza.
Così come quando nacque Omnitel corsi a fare subito un abbonamento. Così come farò ogni volta che si affaccia in qualche settore monopolizzato un coraggioso competitore.
La concorrenza avrebbe potuto fare di questo Paese un Paese diverso.
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