Il reddito di cittadinanza e le elezioni 2022: il caso di Ponticelli

Il reddito di cittadinanza e le elezioni 2022: il caso di Ponticelli

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 2 Ottobre 2022
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  • m5s, Movimento 5 Stelle, napoli, Ponticelli, rdc, reddito di cittadinanza

Pubblicato su Il Mattino del 29 settembre 2022

Resterà il reddito di cittadinanza così com’è con il nuovo governo di centrodestra? E davvero il risultato del Movimento CinqueStelle è stato determinato dalla difesa del provvedimento nei territori dov’è più diffuso? Ed ancora: il reddito è sufficiente per far uscire le persone dalla povertà? Cerchiamo di rispondere a queste domande affidandoci ai dati ufficiali e ai risultati di un innovativo studio sulla sesta municipalità di Napoli, Ponticelli, di Sergio Beraldo, professore di Economia alla Federico II, pubblicato dall’Institute for Research in Economic and Fiscal Issues.

I “PERCETTORI”

Il reddito di cittadinanza (dati Inps, agosto 2022) è percepito in Italia complessivamente da 1.118.308 nuclei familiari per un totale di 2,5 milioni di persone, pari al 4,3 per cento di tutta la popolazione: l’importo mensile medio per nucleo (ad agosto) è di 550 euro.

La prima osservazione è che il reddito è inegualmente diffuso sul territorio (ma con qualche sorpresa): il 68,5 per cento va al Sud (comprese le isole), il 17,9% al Nord e il rimanente 13,6% al Centro. Al Sud è coinvolto nel reddito l’8,6 per cento della popolazione, contro l’1,6% del Nord e il 2,9% del Centro.

In Campania vive il 25 per cento di tutte le persone coinvolte, poi viene la Sicilia con il 20,7%.

L’area metropolitana di Napoli è quella che di gran lunga ottiene la quota più alta di reddito: il 16,7% del totale, staccando di dieci punti quella di Palermo.

Il reddito distribuito nel Napoletano è quasi quanto quello attribuito alle regioni del Nord (16,6 contro 17,9).

A Bolzano la percentuale di nuclei coinvolti sul totale nazionale è dello 0,03% seguita da Belluno con lo 0,04%. Ma, e questo è uno dei primi numeri un po’ a sorpresa – ma neanche tanto se si ha conoscenza minima della realtà delle periferie urbane – è Milano: nella pianura degli “zero virgola” di tutta la regione il capoluogo svetta con il 2,7% (2,1 la percentuale della popolazione coinvolta) cioè oltre 35mila nuclei con oltre 67mila persone coinvolte. Stessa percentuale a Torino (in analoga pianura regionale di “zero virgola”), oltre a un meno sorprendente 6,7% della Capitale.

Se si considera la percentuale di popolazione residente coinvolta ebbene lo è il 14,2% in provincia di Napoli (420mila persone), il 14,1 di Palermo (170mila persone), il 12 per cento di Catania (129mila persone circa).

E il voto ai Cinquestelle? La configurazione dei collegi elettorali limita il ragionamento.

E anche qui pesa notevolmente la differenza territoriale e fa spuntare un voto duplice: evidentemente condizionato dal reddito al Sud, più politico nel resto del Paese. Nel Napoletano (circoscrizione uno della Camera), così come nel Palermitano e nel Catanese i numeri tra le due entità (voto e persone coinvolte nel reddito) si avvicinano, anche se nelle persone coinvolte del reddito ci sono anche i minori che naturalmente non votano. A Bolzano (332 nuclei e 717 persone coinvolte nel reddito, pari allo 0,1% della popolazione residente) la prova del voto politico: qui M5S ha ottenuto (nei due colleghi della Provincia Autonoma) 7.708 voti complessivi con una percentuale media del 4%.

PONTICELLI

Per fare un passo avanti nella comprensione del fenomeno è utile raccontare il caso della sesta municipalità di Napoli, Ponticelli, attraverso lo studio di Sergio Beraldo. Cosa racconta questo studio pubblicato da un think thank di economisti europei, l’Institute for Research in Economic and Fiscal Issues? Lo studio prende in esame i tre quartieri (Ponticelli, Barra, San Giovanni a Teduccio) della Municipalità sei dove vivono circa 113mila persone con un tasso di occupazione e attività rispettivamente del 30% e del 50%.

Nella sesta muncipalità i Cinquestelle domenica hanno ottenuto il 57,7% dei voti, in crescita rispetto al 62,5 del 2018! (In Italia il 15,4, Campania il 34,6%, a Napoli il 41,4%)

Nel periodo 2019-2021 – è scritto nello studio dell’economista – più di 12mila famiglie hanno beneficiato del reddito, pari al 34% dei residenti (che sale al 39% a San Giovanni a Teduccio).

«Questa cifra – spiega Beraldo – sale al 51% se si considera il rapporto tra i beneficiari e la forza lavoro, ovvero la popolazione di età compresa tra 16 e 65 anni (circa il 66% della popolazione totale). In altre parole – rileva l’economista – per ogni lavoratore c’è almeno un altro il cui reddito è concesso dal reddito». «Un altro modo per valutare la dipendenza – suggerisce Beraldo – è il rapporto tra le risorse assegnate al programma nel sesto comune e le entrate dell’Irpef ivi raccolte. Questo rapporto è pari al 52%. Su scala nazionale, il 52% dei proventi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche equivarrebbe a circa il 5,5% del Pil».

LA POVERTÀ

E la povertà? Purtroppo non è stata abolita. E lo si vede proprio attraverso il lavoro di Beraldo a Ponticelli: «Le simulazioni – scrive l’economista – suggeriscono che il beneficio medio per una famiglia di quattro componenti è ben al di sotto della soglia di povertà assoluta fissata dall’Istat, anche se il divario è notevolmente inferiore se si aggiunge assegno per figli a carico». Questo vale ovviamente per le famiglie rimaste intatte: se – come in molti casi è successo e documentato – le famiglie si sono polverizzate per moltiplicare gli accessi al reddito in altrettanti nuclei indipendenti, il discorso non vale.

IL FUTURO

Il caso Ponticelli (reddito pari al 52% dell’Irpef prodotta localmente e un reddito per ogni lavoratore attivo) rende evidente che il programma, così com’è non è sostenibile. Ma constata Beraldo: «Ci sono vaste aree del Paese dove la dipendenza dal programma è drammatica e le possibilità di fare a meno dei sussidi sono praticamente nulle».

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