La Basilicata ha “qualche” futuro?
- Posted by Gianni Molinari
- On 16 Settembre 2023
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C’è già il “the end”?*
Intanto occorre registrare che la popolazione 536.659 (Istat, 2023) è tornata al livello del 1881 (quando segnò il picco post-unitario) o al 1936 quando alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale era in piena ascesa. Ascesa che toccò il punto più alto nel 1961 (644mila abitanti).
Il dato del 2023 fotografa 30 anni di costante discesa.
Gli ultimi 40 anni
Tra il 1982 e il 2022 (impiegando i dati Istat delle ricostruzioni intercensuari della popolazione residente e gli aggiornamenti annuali) la Basilicata ha perso 68.246 abitanti, l’11,2% della sua popolazione residente (allungando il periodo al 2023 si arriva a 77.264 in meno, con una percentuale negativa dell’11,9%).
Dei suoi 131 comuni, in 40 anni, 115 hanno perso popolazione e solo 16 l’hanno guadagnata. Ma fino a un certo punto.
I 40 anni vissuti “pericolosamente”
La fine non era scritta
Anzitutto non sono stati 40 anni omogenei: nel primo decennio, quello dal 1982 al 1992, la Basilicata cresceva dello 0,2% (attribuibile al 2,8% della provincia di Matera, mentre Potenza registrava una flessione dell’1,1%), c’era un numero importante di comuni in crescita (52) e molti di quelli con flessione di residenti avevano percentuali tutto sommato governabili (34 avevano una flessione da pochi decimi al 5%); solo 15 registravano una flessione superiore al 10%: di questi Muro Lucano aveva perso 1.138 (-15,1%) residenti e San Fele 1.709 (-28,9%, il peggiore in assoluto).
Dieci anni persi (1982-1992)
E’ abbastanza facile riconoscere alcuni cluster:
il potentino, il melfese (ancora non c’era lo stabilimento Fiat), la Val d’Agri (ancora non c’erano le estrazioni di greggio), era evidente una fusione tra Matera, la valle del Basento (erano ancora attive molte aziende della chimica) e il metapontino, il lagonegrese.
In quel decennio (1982-1992) era già evidente come le aree in sofferenza erano l’“osso” della montagna appenninica e l’area del Pollino (su questa tornerò dopo con una scheda) e l’area nord-ovest ai confini con la Campania: quella del terremoto del 1980.
Trent’anni dopo
Nel 2022 (considerando le differenze rispetto al 2012) è come risvegliarsi in un altro mondo.
Su 131 comuni solo sette crescono, gli altri 124 perdono popolazione.
La perde anche Matera (cresciuta tantissimo nei 40 anni quasi novemila residenti in più) e la perde nel decennio di Capitale della Cultura Europea (2019): non è una flessione drammatica (-0,5%, che però trova conferma anche nel 2023 con un ulteriore -0,1%) e non è il default di Potenza (-1,29% in 40 anni, ma soprattutto i quasi 4mila residenti persi tra il 2002 e il 2022 – con appendice di altri 444 nel 2023) ma è significativo che la crescita è interrotta nel momento di massima esposizione (ed attrazione) mondiale.
Quanti ai “magnifici sette” sono magnifici lo sono fino a un certo punto: solo due (Policoro e Viggiano) crescono davvero, gli altri hanno tutti una crescita inferiore ai decenni precedenti.
Ma soprattutto restano solo due aree in crescita: il metapontino e la Val d’Agri. Cioè agricoltura di qualità e petrolio, per fare una sintesi veloce.
E’ finita anche la favola di Pignola e Potenza: la prima non ha mai assorbito tutte le uscite dal capoluogo (si riteneva per gli alti prezzi delle case) perché è cresciuta ben quattro volte il numero di residenti persi da Potenza
Resta qualcuno nei paesi del Pollino?
Nel 1988 viene istituito il Parco nazionale del Pollino, tra Basilicata e Calabria.
Il Parco diventa operativo nel 1994.
Vale la pena ricordare il pezzo del dibattito politico su quali comuni dovessero essere ricompresi nel Parco (di qua e di là): alla fine – in Basilicata – entrano anche Chiaromonte, Francavilla in Sinni, Latronico, Lauria e Senise rappresentano il 50,7% della popolazione (1988) e il 51,1% nel 1994.
Nel 1988 nei 24 comuni lucani del Parco i residenti erano 65.769, il 10,8% di tutta la popolazione lucana, nel 1994 erano 64.820 (10,6% dei lucani) e nel 2022 erano 49.650 il 9,2%.
I comuni “veri” del Pollino erano il 5,3% della popolazione lucana nel 1988, il 5,2% nel 1994 e il 3,9% nel 2022.
La Basilicata ha perso tra il 1994 e il 2022 l’11,3% dei residenti, i comuni “veri” del Pollino hanno perso il 33,4%!
E ora?
Al di là di qualche proposta estemporanea (ripopolare i paesi con gli immigrati anche attraverso la redistribuzione non solo in base alla popolazione ma anche in ragione del territorio, per esempio), fatta pure da quelli che per anni hanno ripetuto allo sfinimento la storia della sostituzione etnica, finora non si è fatto nulla.
Ciò che è stato realizzato è dovuto all’intelligenza e alla buona volontà di qualche amministratore locale.
Il resto è affidato ad apparizioni fugaci accompagnate da fotografi e telecamere.
I trend demografici – come lo spopolamento, l’invecchiamento, l’emigrazione – sono complessissimi e di lungo periodo (per approfondire consiglio, tra le molte, la lettura di questo volume di Massimo Livi Bacci, Il pianeta stretto) ma questo non significa che si deve stare fermi.
Per i servizi pubblici (a cominciare dalla scuola) è chiaro che il dimensionamento non può essere fatto con gli stessi coefficienti delle grandi aree urbane, così com’è chiaro che serve un sistema di premialità fiscale per chi vive in realtà “marginali”.
L’attrattività e l’accessibilità sono fondamentali, così come la tecnologia è determinante (non si diceva che internet apriva all’ubiquità? Che non era l’hardware – che pure è indispensabile – ma le idee il terreno della competizione globale?).
In questi luoghi non si può perdere un solo servizio pubblico, ci sono soluzioni che sono già percorse in altri paesi (per esempio gli sportelli bancari condivisi in Inghilterra) per renderli sostenibili.
Certo non è immaginabile sostenere questa fase così come siamo stati organizzati finora!
L’unica cosa chiara – secondo me – è che bisogna fare delle scelte, anche dolorose, che tutto non si può salvare.
Questo grafico finale suggerisce, per esempio, come riorganizzare la sanità…..
*Post scriptum:
- Di Basilicata e popolazione ho scritto più volte: in particolare questi tre post nel 2011 “Basilicata, è sparita una città” (1), (2) e (3)
- Se – come accade spesso – siete presi dal fuoco di rubare numeri e grafici, passate da una chiesa e fate un’offerta. Farà diminuire il vostro senso di colpa
- Ringrazio il professor Beniamino Murgante e l’ingegner Alfonso Annunziata dell’Università della Basilicata per avere colmato la mia incapacità di fare le cartine nonostante pasticci inutilmente – a questo punto – con QGis;
- Tutte le elaborazioni sono opera mia: su di me veglia il mio angelo custode Salvatore Cariello – conosciuto all’Istat nel 1990 e mai mollato anche ora che è in pensione – che con la sua profonda e ineguagliabile conoscenza statistica evita che prenda strade eccessivamente liberali;
- Ringrazio, infine, l’Istat per esistere e mettere a disposizione una base dati quasi infinita senza la quale la nostra conoscenza semplicemente non esisterebbe.
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