La Grande Guerra fatta dai contadini lucani

La Grande Guerra fatta dai contadini lucani

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 20 Maggio 2016
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Non c’è famiglia lucana che non abbia un contatto diretto con la Grande Guerra: i nostri nonni, quelli della generazione del “Baby boom” hanno combattuto nelle pianure o sui monti: contadini mandati a morire sotto il fuoco delle mitraglie austro-ungariche sperando che il numero degli assalitori fosse più cospicuo di quello delle pallottole dei difensori.

Anche i miei nonni – che non ho conosciuto – hanno combattuto e sono rimasti entrambi feriti: quello paterno, ricorda mio fratello (più vecchio di me di qualche anno), aveva ancora la pallottola nel polso e si divertiva a fargliela toccare.

In ogni paese il Monumento ai caduti della Grande Guerra occupa tuttora un posto centrale e ben visibile: lì ogni comunità ha l’elenco dei propri morti.

Si racconta che la Basilicata in proporzione alla popolazione dell’epoca abbia avuto il numero più alto di morti. E il numero minore di disertori.

Al ritorno dalla Guerra molta di quella gente dopo aver conosciuto il mondo scelse di fronte alla fame di conoscere l’altro mondo.

Di un contadino lucano partito per la guerra e gravemente ferito in un’azione di guerra sul Monte Tomba il 20 novembre 1917, scrive Mario Restaino in “Un contadino lucano sul Monte Tomba 20 novembre 1917” Erreci Edizioni.

E’ il nonno e sulle sue tracce Mario Restaino ha ripercorso i luoghi e cercato le tracce negli archivi: è un viaggio nella memoria, ma anche nell’intimità della storia di una famiglia. Si sentono le sensazioni e il desiderio di ritrovare in quei luoghi, lontani, il rapporto con le proprie radici.

Un bel racconto, un pezzo di una storia di una generazione che ha fatto l’Italia e che con la sua lealtà ha dato dignità alla Basilicata.

 

 

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