Lavoratori, chi rappresenta chi: Fiat, Sda e Luigi Di Maio
- Posted by Gianni Molinari
- On 1 Ottobre 2017
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I titoli dei siti hanno semplificato e alla fine è rimasto “I sindacati si autoriformino o ci penseremo noi”.
Ma Luigi Di Maio ha parlato, sorprendentemente (considerato il pregresso), di una questione ben più complessa: “Se il Paese vuole essere competitivo le organizzazioni sindacali devono cambiare radicalmente. Dobbiamo dare possibilità alle associazioni giovanili di contare nei tavoli contrattazione, serve più ricambio nelle organizzazioni sindacali“.
Solo alla fin di questo passaggio “Gigino webmaster” ha detto: “Anche i sindacati dovranno autoriformarsi e adeguarsi alle trasformazioni in corso nel mondo del lavoro, perché altrimenti il rischio è che non siano più in grado di dare risposte adeguate ai lavoratori. Se sarà necessario intervenire per agevolare questa riforma dei sindacati, lo faremo.”.
Magari Di Maio si sarà espresso male, ma ha risollevato la questione della rappresentanza soprattutto di chi è fuori dal mondo del lavoro che si affida ai sindacati o a quelle aree, sempre più ampie, che non hanno rappresentanza.
Ora – come ha fatto la segretaria della Cgil, Camusso, e anche gli altri leader sindacali insieme a tutto il resto della politica – si può anche, per dialettica politica, rispondere che “dice cose che non sa. Non sa come è fatto un sindacato, non sa che non è un’organizzazione statuale di cui decidi le modalità organizzative, è una libera associazione. Non sa che il sindacato cambia in continuazione, perché a differenza di altri soggetti, è radicato nei luoghi di lavoro ed è composto da decine di migliaia di militanti». Questo – ha affondato – è «il segno è quello di ridurre la partecipazione alla democrazia».
Ma il problema di un sindacato (non solo confederale) vecchio, egemonizzato (numericamente) dai pensionati, insediato per lo più nel pubblico impiego, spesso ricattatore (vedi il trasporto pubblico locale e lo “sciopero pignolo”) e, diciamo, “cogestore” (edilizia) esiste ed è bello evidente.
Certo non può essere il fuoco di sbarramento che viene alzato ogni volta che si prova a discuterne, a impedire la discussione.
Del resto basta vedere che cosa succede della parti di Carpiano (Milano) nel deposito della Sda (il corriere di Poste Italiane) dove si affrontano due sindacati, il Sol Cobas e il Si Cobas, su un accordo (Sol Cobas ha firmato, Si Cobas contesta) sul passaggio di dipendenti di una cooperativa a un’altra che blocca da 15 giorni qualcosa con 150 mila pacchi!
O, per ricordare un caso da manuale, l’accordo sui turni di lavoro (compreso il sabato e la notte per le donne) firmato a dicembre 1990 da Fim, Fiom e Uilm con la Fiat per l’avvio dello stabilimento di Melfi senza che nemmeno ci fosse un solo assunto (le prime assunzioni sono di gennaio 1991) e naturalmente senza che avessero un solo iscritto (condizione che si è protratta almeno fino a febbraio 1993 quando ne scrivevo in questo articolo!).
E dunque – si è chiesto Di Maio – che titolo hanno i sindacati a rappresentare il mondo dei trentenni!
Del resto – cosa che sfugge sempre alle vestali della “Costituzione più bella del mondo” – c’è sempre quell’articolo 39 inattuato che sancirebbe piccoli obblighi e molta trasparenza. Ma quando se ne parla, in quel caso, solo in quel caso, i Padri Costituenti non vanno bene.
E dunque ha ragione Di Maio a dire che “Un sindacalista che prende la pensione d’oro o finanziamenti da tutte le parti ha poca credibilità per rappresentare un giovane di trent’anni”.
Basterebbe ricordare quello che è successo alla Cisl di Bonanni, all’Ugl di Centrella, a Cgil, Cisl e Uil in Campania, che a un certo punto si sono trovate tutte commissariate, ai segretari di qualche categoria, una a caso gli edili, che svaniscono dagli organigrammi per consigliare prudenza nelle risposte assolutorie.
Perché, per esempio, oltre alla libera contribuzione degli iscritti, ci sono i finanziamenti che arrivano indirettamente dagli enti bilaterali, dai Caf, dai Patronati e quelli del 5 per mille.
Secondo una stima dell’Espresso solo la galassia di Cgil, Cisl e Uil vale 2,2 miliardi di ricavi!
E cosa sono i fondi del 5 per mille, quelli rivenienti dalla firmetta messa distrattamente all’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi per per dare sostegno, tra enti che svolgono attività socialmente rilevanti?
Usando – e con non poche difficoltà -i dati dell’Agenzia delle Entrate del 2012 si scopre che:
- L’Auser “associazione di volontariato e di promozione sociale, impegnata nel favorire l’invecchiamento attivo degli anziani e valorizzare il loro ruolo nella società” promossa dal sindacato dei pensionati della Cgil ha ricevuto 3,7 milioni di euro da 252.331 donatori, di cui 3,5 milioni da 244.267 donatori per la federazione nazionale;
- L’Anteas “associazione nazionale tutte le età attive per la solidarietà, nasce nell’aprile del 1996 sotto la spinta di esperienze locali promosse e sostenute dalla Fnp Cisl” ha ricevuto 882.869 da 55.843 donatori suddivise tra 34 associazioni locali;
- La Uil è un caso a parte: nell’elenco dell’Agenzia risulta solo l’Erfap Uil Campania che ha ricevuto 156.074 euro da 8.595 donatori. L’Erfap è un ente di formazione.
Non ci voleva di Maio, e prima Renzi, e prima ancora zio Silvio a sollevare la questione.
Né è sufficiente chiamare a raccolta gli “amici” per l’eco, servirebbe coraggio per cambiare. Ma forse è già tardi e nemmeno Gigino Webmaster lo ha capito: la disintermediazione – con il superamento dei corpi intermedi – è un fenomeno difficilmente reversibile.
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