Media e pubblico, chi conta e chi fuffa: uno studio apre gli occhi?

Media e pubblico, chi conta e chi fuffa: uno studio apre gli occhi?

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 15 Luglio 2021
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  • influencer, kantar, media

Contano più gli influencer o i media <tradizionali> ? Vale più la tv o i social network?

L’opinione prevalente è che il nuovo abbia sepolto il vecchio che si avvia, mesto, all’archivio della storia.

Ma è vero?

Uno studio (“5 passaggi chiave per una strategia di comunicazione più efficace”) di Kantar, una multinazionale del data analytics e brand consulting, pubblicato ad aprile 2021 e che si basa su un’indagine che ha coinvolto 700 professionisti della comunicazione e 6.000 consumatori in tutta l’Europa Occidentale. offre – mettendo da una parte le sensazioni dei professionisti e dall’altra le valutazioni dei consumatori – offre una lettura un po’ diversa, per certi versi inaspettata.

I professionisti – racconta lo studio – credono che il pubblico si rivolga sempre di più ai social influencer (52%) e ai podcast (43%), ma solo rispettivamente il 7% e il 5% dei consumatori afferma di farlo.

Alla domanda relativa a quali fonti di informazione attribuisci sempre meno importanza, il pubblico ha classificato al primo posto i social influencer (26%), seguiti dai social media (18%). Al contrario, per i professionisti del settore, le due fonti più probabilmente in declino di importanza sono i giornali e le riviste di attualità, il che illustra chiaramente una differenza di opinione.

Le supposizioni dei professionisti della comunicazione sul cambiamento delle abitudini del pubblico corrispondono maggiormente alle abitudini delle persone tra i 16 e i 24 anni, piuttosto che a quelle dell’intera popolazione dell’Europa Occidentale. Infatti, per questa generazione più giovane i social media sono la fonte di informazione che acquisisce maggiore importanza.

Tuttavia, anche quando l’attenzione è rivolta principalmente verso questa fascia demografica, l’importanza crescente dei social influencer e dei podcast tende ad essere molto sopravvalutata.

Alcune di queste tendenze – sostiene con lungimiranza lo studio – potrebbero anticipare cambiamenti che avverranno in futuro, quando la generazione che le sta producendo si sposterà verso fasce demografiche più mature, ma potrebbero anche riflettere la variabilità che caratterizza le tendenze di consumo dei media

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