Numeri e nomi

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 5 Marzo 2010
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Candidati

Un esercito di volenterosi candidati marcia nelle strade di gran parte delle regioni italiane, di molti comuni e di qualche provincia. Numeri incredibili: in un comune di 19 mila abitanti si è arrivati a contare un candidato ogni 56 elettori! Alla faccia del bipartitismo i partiti proliferano: basta guardare le coalizioni che sostengono i vari candidati presidenti. Più sono i candidati, maggiori sono le possibilità di essere rappresentati nelle assemblee elettive. E anche i candidati presidenti traggono enorme giovamento da tutti questi cavalli che corrono per portare voti a se stessi e, indirettamente, alla coalizione di riferimento.

A guardarli affannarsi – questi candidati – si ha quasi tenerezza: solo pochissimi verranno eletti, gli altri torneranno alle loro occupazioni. Eppure il sentimento deve essere lasciato educatamente al suo posto accostandolo a cause che maggiormente meritano.

Perché? Perché questa orda di procacciatori di consenso non appartiene né a partiti né ha ideologie (e moltissimi neanche idee): nascono pochi giorni prima di mettere in piedi una lista e con altrettanta velocità sono destinati all’oblio. La gran parte se ne frega dell’interesse collettivo e mira a un più tangibile interesse privato: del resto tra i nomi che sopravvivono al vaglio del corpo elettorale spuntano quasi sempre due categorie: avvocati e medici. Con una sola preferenza non può essere diversamente: il rapporto tra elettore e candidato è solo di natura fideistica e clientelare, nel senso buono e cattivo. Al proprio medico non si dice di no, la salute è una cosa troppo seria per non mostrare riconoscenza per le ricette e le tante volte che si sono posti problemi vacui a cui si sono ricevute risposte. I conti del medico sono semplici: un medico di famiglia può avere fino a 1.500 assistiti! Ammettendo che solo un terzo mostri riconoscenza si ha un pacchetto di 500 voti! Basta per essere eletti in un consiglio comunale di una città media ed è il punto di partenza per aspirare a uno scranno in consiglio regionale. Gli avvocati hanno addirittura un rapporto più stretto che in molti casi compensa clientele meno folte ma che essendo un rapporto più stretto mette in moto tanti procacciatori di consenso.

Non c’è bisogno di stendere programmi (per la verità non lo fanno nemmeno i partiti che al più scopiazzano di qua e di là!), nè di essere oratori di qualche pregio: serve solo il telefono!

Per questo -maggioranza e minoranze – sono fluide: non c’è un consiglio comunale o regionale che ha la stessa conformazione di quando è stato eletto. Una volta eletti bisogna immediatamente pensare alla prossima tornata, magari provando il salto di classe: ed ecco che si frammentano deleghe, si fanno e disfanno giunte, si cambiano di continuo assetti: chi resta fuori della giostra, chi non gestisce un pezzetto di potere salta il prossimo giro.

In mezzo ci sono sindaci e presidenti che, eletti direttamente, pure quando vorrebbero dare qualche risposta ai problemi della gente non lo possono fare se non attraverso estenuanti mediazioni con le proprie maggioranze fluide.

Sarà così anche per gli eletti del 28 e 29 marzo 2010.

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