Ombrelloni e taxi, i cittadini spennati dai monopoli

Ombrelloni e taxi, i cittadini spennati dai monopoli

Ombrelloni e taxi, i cittadini spennati dai monopoli

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 9 Agosto 2024
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Oggi – forse – qualche stabilimento balneare aprirà con due ore di ritardo.

Protestano perché in realtà non vogliono che le loro concessioni possano avere limiti temporali ragionevoli e che su quei lucrosi pezzi di paese si possano fare gare.  Temono che le multinazionali si posssano avventare distruggendo la piccola impresa italiana che ha fatto tanti investimenti snaturando i luoghi.

La questione concessioni non riguarda solo i balneari, ma restando nel mondo del mare, come le banchine e i porti turistici.

Il governo che prima di essere tale era opposizione e aveva promesso che mai si sarebbe ceduto un solo millimetro ai dettami dell’odiata direttiva Bolkenstein dell’Unione Europea sulla libera circolazione dei servizi (e quindi mai si sarebbe fissato limiti alle concessioni) ora sta tracceggiando perché, entrando nelle stanze del potere, comprende che la promessa non può essere mantenuta.

Per fare un esempio un lido “in” di Napoli paga 12.500 euro di canone annuale: un lettino costa 15euro al giorno. Ce ne sono almeno 200. Quindi l’incasso è di almeno 3.000 euro al giorno (a cui aggiungere i servizi premium, il bar, il ristorante….) ; poi ci sono i banchetti delle nozze, le feste private, gli eventi aziendali…..

Secondo i dati dell’indagine Unioncamere-InfoCamere, basata sul Registro delle Imprese delle Camere di Commercio, al termine del 2023 sono 7.244 le imprese registrate nel settore della gestione di stabilimenti balneari contro le 7.173 del dicembre 2021 (+1%):  dal 2011 c’è stata una crescita complessiva del 26,4% pari a più del 2% l’anno.

La riviera romagnola si conferma al vertice dell’offerta per numero di realtà, segnalando ormai una saturazione delle possibilità di accoglienza. A crescere sono un po’ tutte le altre coste dello stivale con la Calabria in testa (+358 imprese nel periodo) seguita dalla Campania (+188) e dalla Sicilia (+180).

 

Da mesi l’Antitrust contesta ai Comuni proroghe illecite alle concessioni in una situazione kafkiana dove non essendoci stato alcun intervento chiarificatore del governo ognuno si muove come vuole con una sola vittila il cittadino colpito due volte: l’abnorme (in alcuni territori, quelli più appetitosi) spazio precluso alla libera fruzione e gli irrisori canoni a fronte di guadagni enormi.

La stessa Antitrust ieri ha multato per 140mila euro la coop Radiotaxi 3570 di Roma per non essersi adeguata a un provvedimento dell’autorità risalente al 2018 (sono passati sei anni….) .

In pratica i tassisti del 3570, terminate le corse richieste dalla cooperativa, non avrebbero potuto lavorare liberamente per tutti gli altri intermediari, ma solo per le piattaforme che avevano sottoscritto un accordo con la piattaforma ItTaxi. In questo modo sarebbe stata la cooperativa a scegliere le piattaforme per le quali i tassisti avrebbero potuto operare, definendone anche le condizioni economiche. Dovrebbero – per l’Antitrust – invece essere i singoli tassisti a individuare direttamente gli intermediari a cui offrire il proprio lavoro eccedente.

I tassisti sono un muro di gomma e trovano grande ascolto: peccato che come rilevato più volte in questi giorni nelle principali città italiane una chiamata su due non è esaudita.

Ne avevo già parlato qui.

E per evitare di aprire alle piattaforma o semplicemente aumentare il numero delle licenze si trovano tutte le scuse. Come a Napoli dove il Comune ha argomentato (e il Tar con una sentenza ha approvato) che il numero dei taxi è sufficiente rispetto alla popolazione residente (che negli ultimi 20 anni è diminuita).

Peccato che negli ultimi 20 anni – come la stessa amministrazione (e pure quella precedente) riconosce orgogliosamente – il numero dei turisti è esploso: e dunque i milioni di turisti non contano per aumentare le licenze?

 

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