
Città assediate dai turisti, case da fittare che non si trovano: i numeri, le palle e la post verità…..
- Posted by Gianni Molinari
- On 13 Marzo 2024
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Ma le case che non si trovano da fittare chi le ha fatte sparire dal mercato?
Premesso che – in assenza di un’affermazione della corrente bolscevica nazionale sulla proprietà, che trova proseliti a destra e a manca ma che al momento è relegata a proclami elettorali e alla fogna di Twitter – ogni proprietario fa della sua proprietà quello che gli pare sia consentito dalla legge, due ricerche diffuse in questi giorni offrono un quadro po’ diverso dalla narrazione prediletta che assegna il ruolo a buco nero degli affitti, almeno nelle grandi città, ai fitti brevi, per intenderci alle locazioni di pochi giorni ai turisti attarverso principalmente Airbnb.
Il primo studio è di Svimez e Ref “Dove vanno le regioni italiane. Le previsioni 2023 – 2025”.
In una delle pagine, il report si occupa di turismo spunta una tabellina (qui sotto) a livello regionale sul rapporto tra turisti e popolazione residente, cioè la pressione del turimo.
Come si vede Trentino Alto Adige e della Valle d’Aosta, che hanno poca popolazione e un’economia basata sulla montagna invernale ed estiva, hanno un rapporto molto alto: nessuno se ne lamenta perché è chiaro che senza le settimane bianche e il verde estivo l’economia di quei luoghi semplicemnte non esisterebbe.
Si vede anche che il rapporto è superiore al 10 per cento in Veneto e Toscana che, forse gioca ricordarlo, hanno i due più grandi catalizzatori mondiali Venezia (se uno si volesse fare un’idea non convenzionale consiglio la lettura della trilogia di Paolo Lanzotti su Marco Leon e l’Inquisizione di Stato) e Firenze e che quindi un’offerta di posti letti extra-alberghieri non sono è necessaria, ma indispensabile a meno che non ci si voglia arrendere al “day tourism”, quello di quattro selfie e via (panini e acqua al seguito).
Così com’è più alto il rapporto nelle regioni con trazione vacanziera estiva (Sardegna, Emilia, Friuli, Marche). Hanno un rapporto più alto ma inferiore al 10% la Liguria e l’Umbria che hanno “addosso” il desiderio di mare soprattutto dei milanesi (ma immagino che nel parallelo vociante non si guarda l’atlante e manco si comprende) e di aria pura della Capitale.
Chi si lamenta di più – ma è evidente l’attrazione del parallelo lagnante meridionale – sono Roma e Napoli (su quest’ultima torno nei prossimi giorni con qualche numero esilarante….): sportunatamente per chi ci ha costruito una fortuna politica, il rapporto è lontano da Venezia e Trieste e anche dalla Sardegna.
Si dirà ma il rapporto è su base regionale, mentre l’eccesso di turisti si manifesta nelle città principali: giusto. Così come tutti gli effetti economici e occupazionali restano nelle città principali. Per la precisione.
Si continua a confondere il pendolarismo – un selfie e via – con il turismo residenziale. Peraltro un governo eterodiretto dalle lobbies aumenta su ordine di Federalberghi tasse e obblighi sui fitti brevi e non si accorge che è proprio l’insufficiente offerta alberghiera (ma sarà così contenuta per tenere i prezzi molto elevati a fronte spesso di una qualità modesta?!?!?!) ad aver fatto sviluppare i fitti brevi oltre al desiderio della classe media tartassata da crisi e tasse di arrotondare le proprie entrate. (anche su questo punto nei prossimi giorni un ulteriore omaggio su chi paga nuove costruzioni e ristrutturazioni alberghiere).
L’altro studio da esaminare è quello di Nomisma sulle case sfitte che sono più di quelle destinate alla locazione.
In Italia – scrive Nomisma – il 57% delle abitazioni è di proprietà e utilizzato come prima abitazione, le case destinate alla locazione sono circa il 10% dello stock immobiliare disponibile, mentre un altro 11% è a disposizione, ovvero non è né locato né utilizzato come prima abitazione. Questo comporta una sostanziale scarsità di offerta che unita all’aumento generale dei prezzi degli ultimi due anni circa, ha determinato un aumento dei canoni di locazione (+2,1% nel 2023).
E perchè i proprietari si tengono strette le loro case improduttive (sulle quali pagano Imu, Tari e Irpef) ?
Risponde Nomisma: Stabilità contrattuale o tipologia di lavoro in generale e assenza di pendenze di pagamento sono le caratteristiche considerate più importanti dai locatori. La morosità e i ritardi nel pagamento dell’affitto sono infatti problemi diffusi, con quasi 1/3 dei locatori che dichiara di aver subìto fenomeni di morosità (concentrati soprattutto fra le 2 e le 4 mensilità) e il 13% degli affittuari che dichiara di aver saltato almeno un pagamento. Stessa dinamica si registra anche rispetto a ritardi nel pagamento dell’affitto: il 27,5% degli affittuari ha dichiarato di aver pagato l’affitto in ritardo almeno una volta nell’ultimo anno, mentre lato locatori la quota di ritardi riscontrati sale al 38%.
E quindi non è Airbnb il problema ma l’11% di case fuori mercato ad avere ristretto il mercato degli affitti e di conseguenza averne fatto aumentare i prezzi.
Ci sarebbero poi aspetti fiscali e normativi, ma quelli sono davvero noiosi e restano lì, tanto a nessun governo interessa risolvere i problemi. Basta annunciare di volerlo fare. Come dice Cetto Laqualunque:”Sono anni che gli italini si bevono qualunque minchiata, e noi siamo la minchiata giusta al momento giusto”
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