Una regione a “strati”: petrolio, acqua e vento

Una regione a “strati”: petrolio, acqua e vento

Una regione a “strati”: petrolio, acqua e vento

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 21 Aprile 2024
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Pubblicato su Il Mattino del 21 aprile 2024

La Basilicata va alle urne oggi (e domani mattina) con 24.951 residenti in meno rispetto al 2019, il 4,5% in soli cinque anni. Alle urne sono chiamati 567.959 elettori: 108mila non vivono nella regione! Una situazione surreale: più elettori che residenti. Un destino segnato? Su 131 comuni, solo sette hanno un saldo positivo (ma solo 3 lo hanno deciso!). Gli altri – negli ultimi 40 anni – hanno perso fino al 60% della popolazione (Calvera)! C’è un elenco di paesi la cui data di fine è già definita. E le prospettive sono pessime con 1,09 figli per donna (solo la Sardegna fa peggio 0,93) e il primo parto a 33,1 anni, record italiano. Dove va la Basilicata? Dove la portano le strade. E la strada delle strade è quella più conosciuta al grande pubblico (anche se non esiste), raccontata al cinema da “Basilicata Coast to Coast” e 14 anni dopo può essere utile ripartire da Maratea e arrivare a Scanzano Jonico tra i paesi di Rocco Papaleo per provare a capire qual è la partita che questa regione gioca nelle urne, ma soprattutto nel suo immediato futuro.

GIALLO

Non fosse stato per il freddo che ha cambiato le carte in tavola, tra qualche giorno la Basilicata si sarebbe tinta di giallo: il giallo delle ginestre che nascono dove nessun altro fiore ha la forza – e il coraggio – di spuntare: argilla, calanchi, anfratti aridi, luoghi contorti; resistente, affascinante per le geometrie che disegna, utile per le operazioni agricole. Ed è una pianta-filosofa: “fuoco di ginestra” è l’ammonimento rivolto a chi ha troppa fretta. La ginestra si consuma in un attimo e poi spegne le fiamme: un disastro per chi si deve riscaldare o cucinare qualcosa. Una saggezza che affonda le radici nei tempi e che i lucani ricordano allo «straniero» per spiegare che questo è un popolo che «non ha e che quando ha avuto sa che lo perderà». Una saggezza che nel suo realismo ha prodotto grandi intelligenze come Rocco Petrone, il capo di Apollo 11 che portò l’uomo sulla Luna, il poeta ingegnere di Montemurro, Leonardo Sinisgalli, ideatore del Calendario Pirelli e della Civiltà delle macchine e, per arrivare ai tempi più recenti, al fisico amministratore delegato della Ferrari, Benedetto Vigna.

IL VIAGGIO

Origine: Maratea, eternamente sospesa tra il desiderio di fare qualcosa in più della sua superba bellezza e l’attuale confort zone del «pochi ma buoni» (?), ha provato la carta di Capitale della Cultura 2026 schierando Rocco Papaleo. «La lucanità – ha declamato l’attore in un’ode dagli echi sinisgalliani – vive nella sua geografia, a tratti rigogliosa ed esplicita, a tratti lunare e taciturna, da una parte boschi, vigne, grano, dall’altra occasioni per fare la poesia». Ha vinto L’Aquila e i marateoti (e non solo) hanno storto parecchio il naso, ma in linea con la «lucanian way of life» non hanno protestato un solo secondo. «Il nostro problema è la statale Tirrenica, se non si sistema bene, qua non viene più nessuno» è la risposta collettiva.

Destinazione: Scanzano Jonico. Qui quasi 21 anni fa in 130mila sfilarono per opporsi pacificamente al deposito delle scorie nucleari spuntato, con singolare tempismo, all’indomani della strage di Nassyria e con ancora tante ombre sulle cave di salgemma che per quello scopo si volevano utilizzare. Negli ultimi cinque anni i suoi cittadini hanno votato tre volte senza fortuna: nel 2019 il comune è stato sciolto per mafia (l’unico in Basilicata negli anni recenti, l’altro è Montalbano Jonico nel 1993 e di Montalbano, Scanzano era una frazione fino a qualche anno prima), nel 2021 il sindaco eletto, Mario Altieri (lo stesso del 2003, l’anno delle scorie nucleari), non è stato proclamato perché incandidabile e il consiglio mai insediato e, infine, nel gennaio del 2024 il sindaco dopo eletto sette mesi prima è stato sfiduciato dalla sua stessa maggioranza.

LE TRE QUESTIONI

In mezzo, sulle tracce di Rocco Papaleo & co., ci sono i luoghi delle tre grandi questioni della Basilicata: il petrolio, l’acqua e l’energia eolica. Nelle due aree petrolifere della Val d’Agri (Eni-Shell) e di Tempa Rossa (Total) si estraggono ogni giorno 70mila barili di greggio (equamente divisi); nel 2023 sono stati estratti in totale 25,2 milioni di barili. Regione e Comuni hanno incassato quasi 154 milioni di euro (soldi di cui nessuno può più fare a meno senza conseguenze importanti, per esempio i dieci milioni per sostenere l’Università della Basilicata). Molti dei pozzi, soprattutto del giacimento della Val d’Agri, si stanno esaurendo e servono nuove postazioni. Per un terzo giacimento più o meno sotto il capoluogo si è deciso di soprassedere.

Tra le due costiere, Tirrenica e Jonica, ci sono i due più grandi invasi, Montecotugno e Pertusillo: da qui partono i 375 milioni di metri cubi di acqua verso la Puglia. Alla Basilicata toccherebbero 60 milioni di cosiddette compensazioni ambientali. Quest’acqua viene venduta in Puglia (calcolando la tariffa base) a 337,5 milioni (ma in realtà è molto di più per un sistema di calcolo sulle utenze non è semplice).

E poi l’eolico: in Basilicata ci sono 1.454 impianti (un impianto può avere più pale), il 24,6% di tutti gli impianti italiani ma producono solo il 13,7% dell’energia da eolico. La Campania con il 19% di impianti ne produce il 17%! «La questione – spiega Beniamino Murgante, professore ordinario alla Facoltà di Ingegneria dell’Università della Basilicata – non è essere a favore o contro, quell’energia serve, ma le pale installate devono produrre».

Sono tre questioni che non si risolvono con un sì o con un no e che decideranno il futuro di una terra che in 40 anni ha perso il 12 per cento della popolazione: negli anni ‘80 nascevano ottomila bambini, nel 2023 ne sono nati 3.126.

C’è poi una Basilicata che gioca un altro campionato. Da un lato Matera ormai inserita stabilmente nei flussi del turismo mondiale, dove due ex parlamentari hanno lanciato l’idea di un referendum per staccare la città dalla Basilicata («attenta solo a Potenza») e unirla alla Puglia (ma l’idea di declassamento a semplice comune è indigesta) ed è protagonista dell’industria mondiale dei salotti con Calia, Ego Italiano e Nicoletti. Dall’altro pezzi di industria e di impresa, come la Ferrero di Balvano e i Nutella Biscuits e l’incognita Stellantis. A Melfi lavorano 8.500 persone, tra Stellantis e aziende dell’indotto: i sindacati lamentano l’assenza di investimenti capaci di sostituire gli attuali modelli a fine vita. Per mantenere questi livelli occupazionali serve produrre 250mila auto all’anno. Con nuovi modelli che ora non ci sono.

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