Alitalia, fin dove può arrivare lo Stato?
- Posted by Gianni Molinari
- On 25 Aprile 2017
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Il 3 febbraio 2012 fallì la Malev, la compagnia di bandiera ungherese. Malev era legata da tempo all’Alitalia con accordi di “code sharing“.
In quel giorno un gruppo di viaggiatori italiani si ritrovò nell’aeroporto di Budapest-Ferenc Liszt con un biglietto emesso da Alitalia ma per un volo “operato” da Malev. Che quel giorno naturalmente non operò un bel nulla.
Dopo innumerevoli telefonate, il servizio clienti Alitalia – che inizialmente non sapeva nemmeno che la Malev era fallita – risolse brillantemente il problema: i passeggeri con biglietto Alitalia furono abbandonati a loro stessi e alla loro capacità di trovarsi un altro volo per rientrare in Italia.
L’Ungheria è l’Ungheria e l’Italia è l’Italia e, quindi, le storie vanno paragonate con cautela, ma l’interrogativo di fondo è lo stesso: serve in un mercato libero una compagnia di bandiera, cioè una società di trasporto aereo di passeggeri controllata dallo Stato?
Cosa giustificherebbe nel 2017 l’intervento dello Stato? Il presidio di rotte del servizio per le comunità disagiate (continuità territoriale)? Il mantenimento del tricolore sul timone degli aerei? Attività complementari alla politica turistica? Il servizio reso in lingua italiana? Il mantenimento dell’occupazione?
A ciascuna di queste domande si può rispondere tranquillamente che non c’è bisogno di una società di Stato.
Attualmente il servizio di continuità territoriale è attivo tra la penisola e la Sardegna e tra la Sicilia e le isole di Lampedusa e Pantelleria: viene in sostanza garantito un servizio a prezzi ridotti ad alcune categorie. Il servizio, in deroga al libero mercato, è affidato con una gara europea.
Quanto all’italiano, dal 2006 una delibera dell’Enac impone che tutti i vettori che da e per l’Italia devono offrire le istruzioni in italiano e avere almeno un assistente di volo che parla l’italiano.
La stragrande maggioranza dei passeggeri da e per l’estero viaggia da tempo con vettori diversi dall’Alitalia e anche nel traffico nazionale l’Alitalia è prima ma Ryanair e EasyJet insieme hanno più passeggeri!
Alitalia ha patito la malattia del monopolio (finito): monopolio dei cieli, prima, delle rotte, poi.
Nel dna della società non c’è stato mai il concetto della concorrenza, non capendo nemmeno capito che, a un certo punto, la competizione si spostava con l’Alta Velocità.
E, infatti, la rotta d’oro Roma-Milano Linate – dove gli slot, i diritti di decollo e atterraggio, erano in brillante monopolio – con l’Alta Velocità è diventata meno d’oro, soprattutto per i bilanci, tanto che oggi la tratta italiana con più passeggeri è la Catania-Roma con 1.038.945 passeggeri (Enac, 2016) e la Linate-Fiumicino è quinta con la metà dei passeggeri!
E quindi? L’Italia deve avere la sua bandiera sul timone di alcuni aerei? Persa, in partenza, la competizione in Europa e in Italia restano le tratte intercontinentali dove si potrebbe giocare, forse, ancora un ruolo. Così aveva detto Etihad che per quell’obiettivo avrebbe dovuto mettere qualche aereo e la rete. Che però non ha messo, aggiungendo il suo nome a quello dei “capitani coraggiosi” raccattati da Berlusconi e alla olandese Klm nell’elenco delle operazioni fallite.
Ciò detto torniamo all’Ungheria.
Che fine ha fatto l’aeroporto di Budapest – l’unico rappresentativo del Paese – dopo il fallimento della Malev nel 2012?
Questi dati ufficiali ci aiutano a capire: nel 2012 (anno del fallimento Malev) c’è stata una flessione di 400 mila passeggeri rispetto al 2011, a 8,5 milioni. Livello mantenuto nel 2013: ma già nel 2014 l’aeroporto ha avuto il suo nuovo massimo a 9,1 milioni (il precedente massimo era nel 2011 a 8,9 milioni).
Invece è diminuito il numero di movimenti aerei proprio per la scomparsa della compagnia di bandiera: meno aerei e più passeggeri. Cioè quelli della Malev volavano con basso load factor.
E, quindi, volava con gli aerei semivuoti. Amen,
Post scriptum: tra gli italiani con il biglietto Alitalia e volo Malev la mattina del 3 febbraio all’aeroporto c’era anche lo scrivente al quale l’Alitalia non solo non ha garantito la riprotezione ma non ha neanche rimborsato il biglietto. Naturalmente ho continuato a volare con Alitalia, senza rancore, quando se ne è presentata l’occasione.
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