Diminuiscono i Comuni in Italia, ma il 70% ha meno di 5.000 abitanti

Diminuiscono i Comuni in Italia, ma il 70% ha meno di 5.000 abitanti

Diminuiscono i Comuni in Italia, ma il 70% ha meno di 5.000 abitanti

  • Posted by Gianni Molinari
  • On 18 Gennaio 2024
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Piccoli, spopolati e con sempre meno servizi, anzitutto quelli pubblici.
Comuni che sono il regno dello “scavalco”, cioè della condivisione degli stessi dipendenti perché gli organici sono ridotti all’osso e non ci sono i soldi per mantenerli in “pieno”: un unico vigile urbano, il segretario comunale, il geometra dell’ufficio tecnico. Eppure le fusioni, una delle strade individuate almeno per porre un argine al declino dei servizi pubblici locali, benché incentivate da una legge dello Stato, non hanno avuto grande fortuna. Soprattutto nelle regioni «regno» dei comuni più piccoli (Basilicata, Valle d’Aosta, Molise, Abruzzo, Sardegna). «Fatti» di campanile, soprattutto. In 23 anni le fusioni sono state solo 205: i comuni nel 2001 erano 8.101, sono ora 7.896, cioè una flessione di appena il 2,5 per cento. Nello stesso periodo la popolazione di queste regioni ha subito flessioni importanti dal 10,3 per cento della Basilicata al 3,5 della Sardegna, con le eccezioni dell’Abruzzo (+0,9) e della Valle d’Aosta (+3,2%), regione quest’ultima con la percentuale più alta (58,1%) di comuni con meno di mille abitanti (43 su 74).

Il 22 gennaio, però, il numero dei Comuni italiani scenderà sotto quota 7.900 a 7.896. I numeri sono della Fondazione “Think Tank Nord Est”. A far scendere il totale sono quota 7.900 sono le prossime fusioni dei nuovi comuni di Setteville – derivante dall’aggregazione di Alano di Piave e Quero Vas, nel Bellunese – e Santa Caterina d’Este – formato dalla fusione di Carceri e Vighizzolo d’Este, nel Padovano – mentre, nel Vicentino, Sovizzo si è unito a Gambugliano mantenendo il nome “Sovizzo”. Per il resto, è tutto fermo. E niente a che vedere con la fusione che nel 1929 portò in Germania nel land del Nordreno-Vestfalia alla nascita di Wuppertal (la città della Schwebebahn, la ferrovia sospesa a una monorotaia) con la fusione di ben cinque città lungo il fiume Wupper (da cui il nome) che oggi conta quasi 355mila abitanti. «Un processo lento – rileva lo studio della fondazione – se confrontato con quello di altri Paesi europei: tra 2006 e 2023, in Grecia la riduzione è stata del 68%, nei Paesi Bassi del 25%, in Germania del 13%, in Austria dell’11% e in Francia del 5%».

In Italia le fusioni hanno riguardato soprattutto le regioni con più enti locali: la Lombardia ne ha fatte 44 (passando da 1.546 municipi del 2001 a 1.502 del 2023), il Piemonte 26 (da 1.206 a 1.180): in molti casi – ancora oggi – si tratta di comuni lillipuziani. Morterone, in provincia di Lecco – il comune italiano più piccolo – ha appena 32 abitanti (e gli uffici comunali aprono per due ore in tre giorni della settimana, recita l’aggiornato sito web)! Eppure per convincere i comuni, le Camere avevano approvato una legge che per incentivare le aggregazioni assegnava per dieci anni (divenuti 15 con una legge del 2023) al nuovo municipio un contributo pari al 60% dei trasferimenti erariali assegnati nel 2010 ai singoli comuni coinvolti. Però i soldi non sono bastati, nel tempo, nemmeno per i comuni che avevano intrapreso la strada della fusione, anzi più fusioni si ipotizzavano meno soldi ci sarebbero stati per tutti.

Tre sono i nuovi comuni italiani che hanno beneficiato maggiormente di questa legge, tra questi Montoro (Avellino), che ha appena festeggiato i suoi primi dieci anni: è nato, infatti, il 3 dicembre 2013 dalla fusione di Montoro Superiore e Montoro Inferiore e ora conta 19.354 abitanti. Al comune lo Stato, come premio, aggiunge ogni anno quasi due milioni di trasferimenti. Ma ogni anno la legge cambia il suo budget e i comuni non hanno certezza dei fondi che otterranno.

(da Il Mattino 18 gennaio 2024)

 

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